Capitano periodi, settimane, giorni, in cui non ci sentiamo all’altezza, in cui non riusciamo a trovarci, a piacerci. Giorni in cui ci guardiamo allo specchio senza riconoscerci, come se l’anima fosse altrove, sgattaiolata via senza far rumore e senza avvisare, senza una ragione. Capitano giornate in cui l’unico desiderio è restare spente, anche se l’interruttore chissà dov’è e anche la luce più fioca stropiccia e abbacina gli occhi. Quei giorni in cui non ci perdoniamo di essere quello che siamo, in cui gli errori recidivi pesano più di altri e fa male il cuore, in cui sull’altalena degli sbalzi d’amore c’è scritto “accomodati, ti aspettavo” e ci possiamo sedere senza neanche pagare il biglietto. Su, giù, su, giù, per ogni volta che abbiamo creduto di poter toccare il cielo ci aspetta un fondo più profondo da raschiare, quasi come fosse una tacita regola della vita. Su, giù, su, giù, fino a quando qualcuno ferma l’altalena e, prendendo il nostro viso tra le mani, ci guarda negli occhi come si guarda il mare la prima volta dopo l’inverno: come una meraviglia. È quello il momento in cui possiamo piangere e persino perdonarci, il momento in cui il cuore fa meno male e la vita meno paura perché qualcuno ci sta dicendo “io sono qui, sono qui per te. Con te” e c’è davvero, ci bacia le lacrime ed è esattamente come il mare la prima volta dopo l’inverno: una meraviglia.
3 Commenti
Riesci a entrare nel cuore delle persone, mi rivedo molto in quello che scritto. Sei bravissima un mega bacio
scusami Nunzia per la fretta ho mancato l’ausiliare ( hai)
mamma mia! che belle parole!